È morta sul colpo l’alpinista colpita da un fulmine sul Cervino
La cordata era in grave ritardo, ora la salma è affidata agli esperti dell'I.N.I.T. Istituto Nazionale Italiano Tanatoprassi per la preparazione del corpo ed il conseguente rimpatrio in Ukraina.
Andrea Pastore 09/11/2020 0
Aosta - La vittima, Iryna Davydova, di nazionalità ucraina, aveva 49 anni. Nel racconto reso dai tre superstiti ai finanzieri del Sagf del Breuil emergono i rallentamenti accumulati durante l'ascensione, con la salita alla vetta durata dieci ore.
Un’ascensione alla vetta durata oltre il doppio del tempo normalmente necessario. Dieci ore dalla capanna Carrel, lasciata alle 4.30 del mattino, alla croce ai 4.476 metri della sommità del Cervino, raggiunta attorno alle 14.30 di ieri, lunedì 2 luglio. Una discesa iniziata già mezz’ora dopo, ma resa ancora più lenta, come la salita, dalla quantità di neve di cui è ancora ricoperta la Gran Becca e dalle condizioni meteo che, seguendo quanto ampiamente previsto dai bollettini, sono rapidamente peggiorate nel tardo pomeriggio.
Poi, il disperato tentativo di continuare a scendere malgrado l’inferno di vento ed acqua che iniziava ad imperversare sulla Valle, interrotto da un rumore più forte dei tuoni uditi fino a quel momento: un fulmine aveva colpito una delle alpiniste in cordata, Iryna Davydova, 49enne di nazionalità ucraina, uccidendola. Quando il marito, che procedeva avanti a lei di tre metri, si volta per capire cosa fosse successo, la trova a terra, già priva di respiro. L’altra donna del gruppo, ultima della fila, separata dalla compagna da circa sei metri di corda, era stata sbalzata al suolo anche lei, ma risultava cosciente, seppur impossibilitata a muoversi dalla scarica, ricevuta probabilmente "di striscio".
E’ il racconto reso ai finanzieri del Sagf del Breuil dai tre alpinisti, connazionali della vittima, recuperati stamane dai soccorritori, dopo una notte passata ai 4mila metri della cresta Pic Tyndall, tra Italia e Svizzera, dove la tragedia li ha bloccati. Pesantemente sotto choc, dopo essere stati visitati al Pronto soccorso di Aosta (è stata riscontrata loro una lieve ipotermia), hanno ripercorso dinanzi agli uomini comandati dal maresciallo Massimiliano Giovannini il grave ritardo accumulato durante la scalata, dovuto alla necessità di “far traccia” e di usare i ramponi in salita, e all’esigenza di calarsi lungo alcuni passaggi in discesa.
Il nubifragio è arrivato letteralmente addosso alle due coppie, che procedevano legate assieme, gli uomini davanti e le donne a chiudere la cordata. Nel momento in cui la saetta si abbatte su di loro come una frustata, ed emerge la gravità delle condizioni della donna colpita, il marito inizia immediatamente il massaggio cardiaco, aiutato dall’altro compagno, sinceratosi nel frattempo del fatto che sua moglie fosse ancora viva. Scatta in quel momento anche la richiesta di aiuto, lanciata via telefono alla Centrale unica, che mette in moto la macchina dei soccorsi.
L’elicottero “Sierra Alfa 1” aveva però già registrato anche un altro sos, arrivato da tre slovacchi, fermi duecento metri sopra il rifugio Oriondé. Guide e tecnici del Soccorso Alpino Valdostano li raggiungono a quota tremila e li trovano stremati, anche loro in parete da un’enormità come dieci ore e passati attraverso il violento temporale. Partiti alle 14.30 dalla Capanna Carrel, alle 20 erano ancora sopra il canale Whymper. Nella criticità delle loro condizioni, non si erano tra l’altro accorti di un errore di itinerario, che rischiava di portarli su alcuni salti di roccia.
Il tempo passa e il calare dell’oscurità non consente all’equipaggio di “Sierra Alfa 1” di salire ancora più in alto, fino al punto in cui erano in attesa gli ucraini. Ai tre alpinisti sulla cresta, sfumato anche un tentativo di attivare il soccorso elvetico "Air Zermatt", non resta quindi che aspettare l’alba, in una veglia al corpo della compagna di vita e di cordata spirata che deve essere sembrata loro interminabile. Alle prime luci di oggi, martedì 3, l’Aw139 della Protezione civile riesce ad alzarsi in volo dall’aeroporto “Gex” e li recupera, ponendo fine ad un incubo.
La salma della vittima viene ricomposta nella camera mortuaria di Valtournenche dagli esperti dell'Istituto Nazionale Italiano di Tanatopras. Il riscontro del medico legale, effettuato in giornata, conferma la morte istantanea. Per gli altri, dopo le prime cure al “Parini” e la testimonianza resa ai militari del Sagf (che condenseranno gli elementi raccolti in una relazione per la Procura), l’attesa, in un albergo di Cervinia, del nulla-osta al rimpatrio del cadavere, per poter tornare a casa, dopo aver ricevuto dalla montagna la lezione più severa, quella sull’intransigenza del fattore tempo.
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Rosa Carniato era nata il 29 aprile del 1913 in Canada, a Port Arthur dove il capofamiglia era andato in cerca di fortuna. Nel 1921 la famiglia Carniato torno' a casa, a Ponzano Veneto dove la giovane Rosa conobbe Leone Benetton che sposo' nel 1934. L'anno successivo nacque Luciano, mentre papa' Leone emigro', da solo, in Africa, mentre la moglie e' in attesa di Giuliana, in cerca di fortuna, tornando poi a casa nel '39.
Rimasta vedova nel 1945, Rosa divenne la vera e propria 'matriarca' della famiglia Benetton, che nel frattempo era cresciuta con l'arrivo di Gilberto e Carlo. La mamma dei 4 fratelli piu' famosi del mondo viveva negli ultimi tempi assieme alla famiglia di Gilberto in pieno centro storico di Treviso. Venerdi' scorso, poche ore prima di essere colpita dall'ictus mamma Rosa aveva festeggiato in famiglia, come da tradizione, l'imminente compleanno. Una tradizione che, come ricorda Luciano nella biografia di famiglia ''si ricomponeva magicamente ogni anno, il 29 aprile, giorno del compleanno di nostra madre. Mamma Rosa, come tutte le mamme si preoccupa soprattutto di vederci in salute, non affaticati e senza troppi pensieri. Un raffreddore trascurato e' un'offesa nei suoi confronti''. E ancora ricorda Luciano: ''A mamma piace essere al centro della nostra attenzione. Tra l'altro si e' finalmente convinta, che noi, i suoi bambini, abbiamo realizzato qualcosa che funziona, qualcosa di successo. C'e' voluto pero' del bello e del buono perche' ci credesse''.