UN GRAN PASSO AVANTI NASCE FLUYTAN FISSATIVO ALTERNATIVO ALLA FORMALINA
Andrea Pastore 05/11/2020 0
Formalina è uno dei fissativi più comunemente usati nella conservazione della materia organica in generale, avvolte previa diluzione in acqua e/o in alcoli o altro.
La nocività della sostanza per la salute umana è oramai assodata e l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (AIRC), a partire dal 2004, l’ha inserita nell’elenco delle sostanze considerate con certezza cancerogene per la specie umana.
A tal riguardo nasce l’esigenza di non utilizzare più tale fissativo a scopo di conservazione delle salme e dei campioni del cadavere nei vari settori. In questo lavoro è stata sperimentata una soluzione fissativa alternativa alla Formalina: il Fluytan .
Gli obiettivi di questa sperimentazione sono stati quelli di stabilire la validità del Fluytan nel risultare valido come alternativa alla formalina e di valutare le capacità di conservazione per periodi di tempo medio-lunghi.
Materiali e metodi - Sono stati esaminati 50 individui appartenenti ai gruppi
Animale vertebrato (36 rispettivamente) reperiti senza vita, mediante raccolta su aree montane dove erano presenti abbondanti comunità di faina, cinghiale, cornacchia, topo, scoiattolo etc.
Animale invertebrato (14 rispettivamente) reperiti senza vita, mediante raccolta su strade montane nel periodo primaverile.
In particolare gli organismi animali impiegati durante la sperimentazione sono stati: Scoiattolo, piccolo cinghiale, topi, faina, serpente, lucertola, vipera, coniglio e maiale. Tali organismi sono stati conservati con il Fluytan diluito a diverse concentrazioni con alcol isobutilico e glicerina, e valutati secondo una scadenza temporale (180-365 giorni)
Inoltre altri test preliminari, condotti su tessuti, organi isolati e cadaveri umani, hanno dimostrato l’efficacia conservativa della formulazione per oltre sei mesi.
Le parti trattate hanno conservato nel tempo, a temperatura ambiente, forma, volume e colore indicando l’assenza di fenomeni putrefattivi.
Il fissativo Fluytan garantisce, rispetto alla Formalina, una migliore preservazione degli acidi nucleici: ciò consente un più ampio range di indagini di “molecular profiling” anche su materiale d’archivio, ottenuto senza particolari precauzioni, permettendo ricerche su ampie casistiche nonché l’utilizzo immediato di eventuali nuovi marcatori molecolari utili ai fini clinici
L’ alcol utilizzato nella formulazione, l’alcol isobutilico, è anch’esso caratterizzato da una bassa tossicità animale (LD50 nel ratto: orale 2460 mg/kg – cutanea 4200 mg/kg – inalatoria LC50/4h 24 mg/l) ed è classificato poco pericoloso per le acque classe I (WGK1).
Inoltre, la formulazione allo studio, a differenza della formaldeide (formalina) non sembra interferire con le indagini medico legali, in particolare con quelle tossicologiche, in quanto non altera le molecole esogene eventualmente presenti nei tessuti e nei fluidi biologici e non interferisce con la determinazione dell’alcol etilico.
Questa proprietà permette la utilizzabilità dei tessuti a scopo giudiziario anche dopo l’eventuale tanatoprassi ed in caso di esumazione.
L’altra sostanza utilizzata nella formulazione è il glicerolo è un composto organico nella cui struttura sono presenti tre gruppi -OH. Il glicerolo è un componente dei lipidi e dei fosfolipidi o glicolipidi, dai quali viene ottenuto per idrolisi o trans esterificazione.
Vantaggi di Fluytan
. Tossicità nulla
. Non è necessario dopo l’applicazione nessun altro metodo di conservazione
. Elimina la lividità cadaverica
. Applicazione sopra cutanea
. Applicazione sottocutanea
. Applicazione vascolare
. Applicazione ad immersione
. Elimina la Formalina
Il fissativo alternativo Fluytan può quindi entrare nella routine delle varie attività, soprattutto considerando i notevoli vantaggi sotto il profilo della sicurezza degli ambienti di lavoro.
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Andrea Pastore 05/11/2020
L'ultima immagine
Non appartengo al settore funerario. Mi occupo d'immagine. Immagine di vivi e non di defunti. Fino a non molto tempo fa, ignoravo tutto della tanatoprassi e guardavo con una certa diffidenza tutto ciò che era legato all'attività funebre, attività che consideravo come un male necessario. Necessario, ma sempre un male. Penso tutt'ora che il mio atteggiamento fosse comune a molta gente. Come molte persone, non ero per nulla attratto dal vedere i cadaveri anche se la mia professione mi aveva portato su vari scenari di guerra e calamità naturali dove dolore e morte facevano regolarmente parte dello scenario. Ma in quel caso era diverso: il contatto con la morte apparteneva alla sfera della professione. Era routine.
Dopo essermi avvicinato alla tanatoprassi, sempre per professione, mi sono posto una domanda: perché molte persone sono riluttanti ad avvicinarsi al corpo di un loro caro defunto? Perché sono insensibili? Non penso. La ragione è che l'immagine che vogliono conservare, che vogliono ricordare del loro caro non è quella del morto. La fissità del viso di un cadavere ha una grande forza espressiva e spesso, vi si legge in maniera inesorabile sofferenza e dolore. Si vogliono ricordare immagini di momenti felici. Eppure quell'immagine, quell'espressione sul letto di morte o nella bara, vista anche per un attimo, t'insegue e ti perseguita.
Ed è lì che tanatoprassi e tanatoestetica possono svolgere un importante ruolo sociale e di civiltà: curandone l'aspetto si ridà ad una persona, perché sempre di persona si tratta, la dignità che non di rado aveva perso nell'ultimo periodo della sua vita.
Il mondo di oggi è un mondo dove la cura dell'immagine è quasi portata ad esasperazione. Prodotti per l'estetica, la cura del corpo e del viso non conoscono crisi. La cura dell'immagine diventa una priorità impostata dai rapporti professionali e sociali e non si capisce perché questa cura non dovrebbe riguardare proprio l'ultima immagine che uno lascia di se. Chi rimane dovrebbe percepirlo come un segno di rispetto, un obbligo morale.
Tanatoestetica e tanatoprassi dovrebbero diventare una prassi e non l'eccezionalità. Prassi lo sono già in America e lo stanno diventando nel Regno Unito in Francia e in altri paesi europei. Sono personalmente convinto che se la gente fosse correttamente informata non avrebbe difficoltà ad aderire a patto che non venga spaventata da una terminologia sconosciuta e persino intrigante. Si dovrebbe semplicemente parlare di cure di conservazione come accade in Francia dove la stessa legge recita: “soins de conservation”.
I popoli antichi consideravano la nascita e la morte come due momenti fondamentali ai quali partecipava tutta la comunità. L'era moderna, che ha progressivamente disgregato le comunità, anche quella familiare, tende a limitare le forme e i momenti di partecipazione. Ritrovarsi e magari riallacciare rapporti da tempo affievoliti può essere una grande opportunità e la tanatoprassi può ridare una serenità familiare in un momento così delicato come quello del commiato.
Per avere successo in società si dice che bisogna “nascere bene” a chi ci lascia deve essere consentito “morire bene”.
Michel C.
Andrea Pastore 05/11/2020
Jean-Nicolas Gannal, ideatore della tanatoprassi moderna
Personaggio eccentrico e controverso, Jean-Nicolas Gannal ha dato il suo nome al metodo Gannal, considerato il metodo alla base della tanatoprassi moderna. Come molto spesso accade, la fama di cui gode Gannal nel campo della tanatoprassi, è in parte usurpata in quanto il procedimento di conservazione dei corpi per via d'iniezione vascolare era già stato attuato dal medico italiano Giuseppe Tranchina qualche anno prima di Gannal, e addirittura un secolo prima dall'anatomista olandese Frederik Ruysch che con il suo liquor balsamicum è considerato il primo ad avere utilizzato l'iniezione arteriosa per la conservazione dei cadaveri.
Le parti anatomiche e i corpi conservati da Ruysch suscitarono un notevole interesse tanto che, a quasi un secolo dalla sua morte, Giacomo Leopardi scrisse un' opera intitolata Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie.
Sembra che, attraverso le sue mummie, Ruysch volesse trasmettere il messaggio che lui – e solo lui – fosse in grado di sfidare la morte rendendo l'aspetto di un morto simile a quello di un dormiente. Enfatizzò sempre la naturalezza delle forme e la flessibilità dei corpi diversi da quelli vivi solo per la mancanza di movimento. Era convinto che nessuno sarebbe stato in grado di raggiungere il suo livello di perfezione. Per questo non volle divulgare il suo metodo. Mantenendo il segreto sarebbe potuto rimanere l'unico valido intermediario tra il mondo dei vivi e la morte. Il metodo non sopravvisse quindi all'autore.
Tornando a scrivere di Gannal va altresì ricordato che l'americano Holmes, che gode di fama ancora maggiore rispetto allo stesso Gannal, specie negli Stati Uniti dove l'embalming nel senso moderno del termine è diventata ormai routine, trasse il suo metodo dalla traduzione in inglese di Histoire des Embaumements scritto da Gannal nel 1838 e tradotto in inglese nel 1840.
Fino al XIX° secolo i metodi di conservazione dei corpi erano molto invasivi, con asportazione di alcuni organi e tagli sulla muscolatura per fare penetrare polveri, aromi e altre sostanze.
Una rivista del 1842 descrive così il metodo Gannal: “Grazie al procedimento inventato dal sig. Gannal nulla è più come prima. Una piccola incisione sulla parte laterale del collo per introdurre il liquore di conservazione, tramite una pompa; poi, all'esterno, tessuti bagnati con liquori aromatici; due ore di tempo ed è tutto finito ... non serve nemmeno spogliare il corpo che deve essere imbalsamato ... il corpo di un bambino trattato con questo metodo è stato esposto per tre mesi nell'obitorio di Parigi ... Un condannato, imbalsamato dal sig. Gannal è stato esposto a Londra per due anni agli occhi del pubblico ... è auspicabile che il procedimento del sig. Gannal diventi popolare e questo sarà possibile grazie al prezzo contenuto di questo trattamento ..."
Su Gannal si sono scritte tante cose. Ad esempio che avesse sperimentato il suo metodo per rimpatriare i corpi di alcuni soldati morti nella battaglia della Berezina durante la campagna di Russia di Napoleone. Questo appare molto improbabile in quanto lo stesso Gannal fu fatto prigioniero dai russi alla Berezina. E' invece vero che, come addetto ai reparti sanitari, partecipò a numerose campagne napoleoniche, fu fatto sette volte prigioniero e riuscì sempre ad evadere. Sopravvisse a Waterloo.
Tornato a Parigi lavora come chimico al laboratorio di chimica del Politecnico di Parigi prima e a quello dell'Accademia delle scienze, dopo.
E' protagonista di diverse invenzioni: cere industriali, collanti, inchiostri, gelatine da sotto-prodotti animali che conserva con procedimenti chimici.
Fa ricerche sulla conservazione dei cadaveri per i laboratori di anatomia. Nel 1837, l'accademia delle scienze lo invita a fare delle prove sul metodo di conservazione dei corpi dell'italiano Tranchina per via di iniezione arteriosa di acido arsenico. Dà parere negativo insistendo sui pericoli, per la salute pubblica, rappresentati dall'arsenico. Facendo così finta di dimenticare che anche il suo liquido di conservazione, brevettato nello stesso anno 1837 contiene arsenico.
Ma quando nel 1845 l'Accademia di Medicina di Parigi fa un confronto tra il metodo Gannal e il metodo Sucquet, viene rivelata la presenza di arsenico nel liquido di Gannal che proprio per questo viene screditato. Il suo liquido è soppiantato da quello del suo concorrente, l'imbalsamatore J.P. Sucquet, a base di cloruro di zinco. Nonostante le critiche del mondo accademico e scientifico, grazie alla traduzione in inglese del suo libro, Gannal è noto in America ed è studiando il suo metodo e il suo liquido che Thomas Holmes svilupperà il proprio fluido togliendo la componente d'arsenico. Il metodo di Holmes conoscerà un notevole successo con la guerra di secessione. Holmes dichiarerà di aver praticato personalmente 4028 trattamenti. Al prezzo di 100 dollari per intervento, Holmes tornò nella sua natia Brooklyn da uomo ricco. Successo e ricchezza dovute in gran parte ad un eccentrico inventore parigino di nome Jean-Nicolas Gannal.
Andrea Pastore 05/11/2020
Editoriale
Tanatoprassi: parlano i fatti
Ci sono delle cose, delle tecniche o delle discipline che esistono nei fatti prima di essere codificati. Qualche decennio fa non c'era nessuna norma che disciplinava l'uso dei computer eppure i computer esistevano e nessuno poteva dubitare della loro reale esistenza. Così è della tanatoprassi. Quando la Chiesa la richiede per il proprio pontefice, quando un'università ne sancisce l'apprendimento con un diploma, quando alcune disposizioni regionali la regolamentano, chiedersi se esiste o meno in Italia è stare fuori dalla realtà.
E' proprio perché esiste che va disciplinata. E' una materia che ha molteplici risvolti e implicazioni di tipo sociale, morale e anche legale dato il suo crescente utilizzo nel campo della medicina legale, dove in alcuni casi particolari può risultare addirittura determinante.
E' una materia troppo importante per essere lasciata al dilettantismo e all'improvvisazione. Siamo stati i primi a portare la tanatoprassi in Italia dopo averla studiata in Francia, conseguendo un regolare diploma, ma vogliamo che la tanatoprassi sia di tutti e per tutti e che sia tutelata contro facili speculazioni.
L'obiettivo di TAN è quindi di documentare e informare allargando l'orizzonte al di fuori dei nostri confini non solo geografici ma anche e soprattutto conoscitivi.
Andrea Fantozzi
Presidente I.N.I.T.